"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

4 settembre 2015

«Asilo più rapido per chi è perseguitato»


Eritrea, Iraq, Nigeria, Pakistan, Siria: da questi Paesi si fugge sempre di più a causa delle discriminazioni religiose. Di fronte all'aumento del numero di migranti provenienti da questi Paesi che chiedono asilo per ragioni di fede, la sezione italiana di Aiuto alla Chiesa che Soffre lancia un appello per la semplificazione delle pratiche burocratiche per l'ottenimento dello status di rifugiato. "Oggi queste famiglie, così come tutti coloro che chiedono il riconoscimento dello status di rifugiato, attendono non meno di dodici mesi prima che la loro istanza sia esaminata dalle Commissioni territoriali, vivono dunque problemi di emarginazione e di disagio collegati a questa lunga attesa, e spesso rischiano ritorsioni anche in Italia". 
Le Commissioni competenti sono raddoppiate, passando da passando da 20 a 40, ma il loro numero è comunque insufficiente di fronte al crescere esponenziale delle domande. Aiuto alla Chiesa che Soffre chiede dunque alle istituzioni italiane competenti "che il sistema nel suo insieme sia reso più celere, e perché in particolare chi fugge dalla persecuzione religiosa abbia una corsia preferenziale, più rapida e con maggiori garanzie, per il riconoscimento dello status di rifugiato".
La proposta è che una volta accertate la zona di provenienza e la confessione religiosa di appartenenza, non sia necessaria una approfondita istruttoria perché, per esempio, un cristiano proveniente da Homs in Siria o da Mosul in Iraq ottenga lo status di rifugiato.
L’appello "è nello specifico ad un ampliamento del numero delle Commissioni territoriali, alla destinazione mirata di una parte di esse a quanti fuggono dalla persecuzione religiosa, e alla cura che la fede di appartenenza non sia causa implicita di discriminazione anche in Italia". 


IL TESTO COMPLETO DELL'APPELLO 

Alla sezione italiana di Aiuto alla Chiesa che Soffre risulta che l’intensificazione della persecuzione e della discriminazione motivate dalla religione e la loro estensione in un maggior numero di aree geografiche sia diventata tra le principali cause di fuga dai territori di origine: rispetto anche solo a 5- 6 anni fa molte più persone e interi nuclei familiari sono costretti a fuggire dalla loro patria perché rischiano la vita per la fede. Lo conferma l’incremento dei richiedenti asilo giunti in Italia da Eritrea, Iraq, Nigeria, Pakistan, Siria.
Queste famiglie, così come tutti coloro che chiedono il riconoscimento dello status di rifugiato, attendono non meno di dodici mesi prima che la loro istanza sia esaminata dalle Commissioni territoriali, vivono dunque problemi di emarginazione e di disagio collegati a questa lunga attesa, e spesso rischiano ritorsioni anche in Italia; nonostante le Commissioni siano raddoppiate rispetto a prima dell’emergenza (passando da 20 a 40), il loro numero è comunque insufficiente di fronte a domande che sono diventate 10 volte di più rispetto al recente passato.
Aiuto alla Chiesa che Soffre rivolge un appello alle istituzioni italiane competenti perché il sistema nel suo insieme sia reso più celere, e perché in particolare chi fugge dalla persecuzione religiosa abbia una corsia preferenziale, più rapida e con maggiori garanzie, per il riconoscimento dello status di rifugiato; e quindi perché le Commissioni territoriali siano sollecitate ad un esame veloce e dall’esito positivo,  una volta accertate la zona di provenienza e la confessione religiosa di appartenenza: non è necessaria una approfondita istruttoria perché, per es., un cristiano proveniente da Homs in Siria o da Mosul in Iraq ottenga lo status di rifugiato. Senza entrare in questioni che non riguardano la competenza di Aiuto alla Chiesa che Soffre, l’appello è nello specifico ad un ampliamento del numero delle Commissioni territoriali, alla destinazione mirata di una parte di esse a quanti fuggono dalla persecuzione religiosa, e alla cura che la fede di appartenenza non sia causa implicita di discriminazione anche in Italia.